23 ottobre 2010

Feliz Aniversário, Pelé

Il 23 ottobre 1940 nasceva a Tres Corações, una piccola città nello stato di Minas Gerais, il piccolo Edson Arantes do Nascimento, che tutto il mondo oggi conosce col soprannome che lo ha reso celebre: Pelé.
Quanti altri giocatori di calcio possono vantare tre titoli mondiali con la nazionale del proprio paese, e più di mille gol (per la precisione, 1.281) al proprio attivo? Quanti altri idoli dello sport possono vantare una popolarità planetaria, un'esperienza come Ministro dello Sport, come attore internazionale, come ambasciatore dell'Unesco?
La figura di Pelé non è esente da zone d'ombra, ma nessuno è perfetto, nemmeno O Rei, il Re del football.
Oltre a essere un grande sportivo, ha saputo dimostrare di essere anche una persona di notevole spessore: malgrado gli scandali che hanno coinvolto suo figlio (arrestato per droga qualche anno fa), malgrado una figlia riconosciuta quando era già una donna fatta, ha saputo mantenere sempre un'immagine più che rispettabile impegnandosi in prima persona nella lotta contro le discriminazioni razziali e soprattutto facendosi testimonial della lotta contro il consumo di droga da parte dei giovani.
Io resto dell'opinione che sia stato il miglior giocatore di calcio del XX secolo, e mi scusino gli ammiratori di Maradona.
Buon compleanno, Pelé.  Ti vogliamo bene.

10 ottobre 2010

Due pesi

Questo articolo, scritto da Maria Rita Khel, psicanalista e opinionista del giornale "O Estado de São Paulo", è stato pubblicato il 2 ottobre scorso, antivigilia delle elezioni presidenziali che avrebbero condotto Dilma Roussef e José Serra al secondo turno del prossimo 31 ottobre. Il 6/10 Maria Rita Khel è stata licenziata, colpevole di aver manifestato un'opinione contraria a quella della direzione del giornale.
Ritengo che meriti di essere letto (e chi vuole potrà leggerlo in lingua originale cliccando qui).

Due pesi...
di Maria Rita Khel
Questo giornale ha tenuto un atteggiamento che reputo dignitoso, quando ha spiegato ai suoi lettori di sostenere il candidato Serra alle prossime elezioni. In questo modo, la discussione che si svolge al suo interno è più onesta. Il dibattito elettorale che domani ci condurrà alle urne è molto acceso. Gli elettori dichiarano di essere stanchi e delusi dalla lotta all'ultimo sangue che ha caratterizzato la disputa per la Presidenza della Repubblica. Le campagne elettorali, ormai trasformate in show televisivi, non convincono più nessuno. Malgrado ciò, quest'anno è in gioco qualcosa di importante. Sembra addirittura che in Brasile esista ancora la lotta di classe, quella che nell'opinione di molti era stata seppellita dagli ultimi mattoni del Muro di Berlino. In televisione la rissa è mascherata, ma su internet il gioco si fa duro.
Se il popolo delle cosiddette classi D ed E - coloro che vivono nelle zone sperdute dell'entroterra brasiliano - avesse accesso alla rete, forse si ribellerebbe alle numerose catene di messaggi che denigrano il valore del suo voto. Per i nostri lettori si tratta di un argomento familiare: il voto dei poveri, favorevole alla continuità delle politiche sociali introdotte negli otto anni di governo Lula, non ha lo stesso valore del nostro. Non rappresenta l'espressione consapevole di una precisa volontà politica. Questi voti sarebbero stati comprati al prezzo di quello che una parte dell'opposizione chiama "Borsa-Elemosina" (gioco di parole fra "escola" - scuola - ed "esmola" - elemosina, parafrasando la Borsa-Scuola del primo governo Lula, successivamente diventata Borsa-Famiglia).
Una di queste catene è giunta anche alla mia casella di posta elettronica, inoltrata da diversi destinatari. Riproduceva la denuncia fatta da "una cugina" dell'autore, residente a Fortaleza. La denunciante, indignata per l'indolenza dei lavoratori non qualificati della sua città, si lamentava del fatto che nessuno voleva più occupare il posto di portiere del suo palazzo. I candidati naturali a quel lavoro preferivano vivere nell'ozio con i soldi della Borsa-Famiglia. Pensate un po' a che punto siamo arrivati. Non ci sono più i morti di fame di una volta. Dove sono andati a finire gli autentici umili che piacevano tanto ai cordiali padroni, e che per una miseria erano capaci di lavorare molto più delle otto ore regolamentari? Sì, perché è curioso che nessuno abbia fatto domande sul salario offerto dal condominio. Lo scambio del lavoro con la Borsa-Famiglia sarebbe vantaggioso per i cosiddetti furboni, pigri e approfittatori solo se il salario offerto fosse anticostituzionale: meno della metà del salario minimo. 200 reais è infatti il valore massimo raggiunto dalla somma di tutti i benefici concessi del governo a chi ha più di tre figli, a condizione di continuare a mandarli a scuola. (Il valore attuale del salario minimo è di 510 R$)
Secondo un'altra indignata denuncia che circola su internet, nella cittadina dell'entroterra del Piauí dove abitano i parenti della donna di servizio di un tizio di S. Paulo l'intera popolazione vive solo dei soldi dei programmi governativi. Se ciò risponde al vero, è terrificante immaginare di che cosa potessero vivere prima. Di sicuro pativano la fame, come nello spaventoso film di José Padilha "Garapa". Pativano la fame tutti i giorni. Le famiglie al di sotto della classe C che attualmente ricevono la borsa, magari sommata a qualche forma di pensione, sono ancora povere. La differenza è che ora hanno da mangiare. Qualcuno riesce anche a produrre qualcosa e a venderlo ad altri che hanno cominciato a comprare del cibo. L'economista Paul Singer ci informa che, nelle piccole città, questa infima entrata di denaro ha un effetto sorprendente sull'economia locale. La Borsa-Famiglia, c'è da non crederci, offre condizioni di consumo tali da generare occupazione. Il voto del gruppo dell'elemosina, quindi, è politico, e rivela la recente acquisizione di una coscienza di classe.
Il Brasile in questo è cambiato. Ma, contrariamente a quanto pensano gli indignati della rete, è cambiato in meglio. Se fino a poco tempo fa certi datori di lavoro erano soliti contrattare, per meno di un salario minimo, persone senza alternative di occupazione e prive della coscienza dei propri diritti, oggi non è più così facile trovare qualcuno disposto a lavorare a queste condizioni. È più interessante provare a tirare avanti a partire dalla Borsa-Famiglia che, malgrado sia modesta, ha ridotto dal 12% al 4,8% la fascia di popolazione in stato di estrema povertà. Avrà idea, il lettore di S. Paulo, di quanto bisognava essere poveri per riuscire a uscire da quello strato sociale grazie a una differenza di soli 200 R$? Quando lo Stato comincia a garantire i diritti minimi, la popolazione si politicizza e comincia a esigere che quei diritti vengano rispettati. Un mio amico ha dato a questo effetto il nome di "accumulo primitivo di democrazia".
Eppure, sembra che il voto di questa gente risvegli ancora una volta l'argomento di un'indimenticabile osservazione di Pelé, secondo la quale i brasiliani non sono preparati al voto. Non tutti lo sono, sia chiaro. Dopo il secondo turno del 2006, il sociologo Hélio Jaguaribe scrisse che il 60% dei brasiliani che avevano votato per Lula aveva tenuto conto unicamente dei propri interessi, mentre il restante 40% dei cosiddetti elettori istruiti aveva pensato agli interessi del Paese.  L'unica cosa che il Prof. Jauguaribe non spiegò fu come un Brasile guidato da un'élite istruita e preoccupata degli interessi di tutti fosse arrivato al terzo millennio con il 60% della propria popolazione talmente ignorante da vedere il proprio voto, declassato a un rango ben poco repubblicano.
Ora che i più poveri sono riusciti ad alzare la testa oltre la linea della mendicanza e della dipendenza dai rapporti di favore che hanno sempre caratterizzato le politiche locali nell'entroterra del Paese, si dice che votare pro causa propria non vale. Ora che, per la prima, volta i senza-cittadinanza hanno conquistato qualche minimo diritto e desiderano preservarlo attraverso la via democratica, una parte dei cittadini che si considerano di classe A si permette di sminuire pubblicamente la serietà di quel voto.

05 ottobre 2010

Capoeira, samba e forró a Bologna (a un passo da casa mia)

Avete presente certe coincidenze che sembrano fatte apposta per farti scoppiare di allegria?
A Bologna ha aperto, in questi giorni, un nuovo centro di capoeira e danze brasiliane. Si chiama "Accademia de Capoeira", traduzione un po' ammiccante di "Academia de Capoeira" che significherebbe "palestra" e non "accademia". Ma il gioco di parole ci sta tutto.
Ebbene, questo nucleo di brasilianità si trova a poche decine di metri da casa mia, in una viuzza quasi sconosciuta nei pressi della nuova stazione ferroviaria Bologna Mazzini, sulla linea regionale per Prato. L'indirizzo è via Fiorita 8/A.
Il maestro si chiama Valter ed è niente meno che di Olinda, la città storica confinante con la "mia" Recife. Insomma, coincidenza su coincidenza.
Lunedì andrò a fare la lezione di prova di samba e forró e conoscerò anche la maestra di danza.
I corsi e le lezioni private di capoeira, anche per bambini, si svolgono praticamente tutti i giorni della settimana.
Se qualcuno dei miei lettori bolognesi vuole saperne di più, può cliccare sul titolo di questo post  e sarà reindirizzato al sito dell'Accademia; oppure può cliccare QUI e troverà i numeri di telefono a cui rivolgersi.

04 ottobre 2010

Dilma e Serra al secondo turno, ma la vera sorpresa è Marina Silva

Alla solita velocità record, dovuta al voto elettronico e al relativo scrutinio digitale, poche ore dopo la chiusura delle urne è arrivato il risultato delle elezioni presidenziali in Brasile: Dilma Roussef (PT, 46,9%) e José Serra (PSDB, 32,62%) disputeranno il secondo turno domenica 31 ottobre.

Ma la vera sorpresa di questa tornata elettorale è costituita dallo strepitoso successo di Marina Silva, la candidata del Partito Verde: il 19,33% del voti validi, pari a 19,6 milioni di preferenze, è andato a lei.
Anche se Lula aveva scelto Dilma per la successione a otto anni di governo, durante i quali si è visto attribuire indici di approvazione senza precedenti (anche superiori all'80% in alcuni momenti del suo doppio mandato), è forse Marina la più autentica erede morale del presidente operaio. Anche lei è stata una ragazza del popolo, ha imparato a leggere e scrivere a 15 anni ma ciò non le ha impedito di evolversi, iscriversi all'università, laurearsi in storia e diventare una delle più attive leader della lotta per la difesa del grande polmone del mondo, l'Amazzonia. È stata senatrice e ministra dell'ambiente nel primo governo Lula. Si dimise per conflitti con la linea politica del presidente e uscì anche dal PT, fondando il Partito Verde (PV).
Sarà lei l'ago della bilancia per il secondo turno. Personalmente non nutro molti dubbi: o si schiererà con Dilma, o lascerà libertà di voto ai propri elettori. In entrambi i casi, a Dilma non sarà difficile raggranellare quel minimo 5% che le consentirà di diventare la prima presidente donna del gigante sudamericano.
Diversa invece la situazione nel mio stato di adozione, il Pernambuco. Qui, il candidato del PSB Eduardo Campos, governatore uscente sostenuto da una coalizione di centro sinistra molto larga, è stato riconfermato con un vero e proprio plebiscito: 82,84%, pari a circa tre milioni e mezzo di preferenze. Jarbas Vasconcelos (PMDB), suo diretto oppositore e già governatore dello stato (lo era negli anni in cui abitavo a Recife) ha dovuto accontentarsi di un misero 14,06%.
Oltre al secondo turno presidenziale, otto stati più il distretto federale voteranno per scegliere al ballottaggio il proprio governatore;  altri 17 sono stati eletti al primo turno.
Ora aspettiamo il pronunciamento di Marina, e soprattutto i risultati del 31 ottobre, per conoscere la precentuale di elettori che sceglieranno Dilma come propria presidente.